OLIO

Olio di oliva del territorio

Nel Chianti Classico viene prodotto fin dal 1300 un ottimo olio di oliva al quale nel 2000 è stata riconosciuta dalla comunità europea la denominazione di origine protetta – Dop.

Il disciplinare impone che la raccolta delle olive sia effettuata dalla pianta con mezzi meccanici o brucatura manuale, cui deve conseguire lavaggio e molinatura delle olive.

Il processo può avvenire sia col sistema tradizionale della spremitura a freddo con macine in pietra sia con il cosiddetto “ciclo continuo”: entrambi si basano sull’utilizzo di macchinari che lavorano a temperature non superiori ai 28° C. Per la conservazione, invece, è previsto l’impiego esclusivo di materiali in acciaio inox.

L’olio così ottenuto ha un’acidità massima dello 0,5%, colore dal verde intenso al verde con sfumature dorate e un caratteristico aroma fruttato con sentori di carciofo ed erba fresca.

È tutelato dal Consorzio di tutela della Dop olio extravergine di oliva Chianti Classico, che si trova a Sant’Andrea in Percussina, in provincia di Firenze (Tel. 055 82285, fax. 055 82281).

Attualmente il Consorzio conta 250 soci operanti nella zona del Chianti Classico, vale a dire tra i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti, Barberino Val d’Elsa,Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano Val di Pesa e Tavernelle Val di Pesa.

L’olio Terre di Siena Dop

L’olio extravergine di oliva “Terre di Siena” viene prodotto nella provincia di Siena, dove l’attività olivicola è importante dal punto di vista economico, culturale e paesaggistico.

Il disciplinare delimita la zona di produzione in 33 comuni della provincia, tutti caratterizzati da colline e valli che arrivano fino alle pendici del Monte Amiata.

Le caratteristiche geologiche e climatiche di questo territorio danno origine a un olio dall’odore fruttato e dal gusto connotato da note amare e piccanti.

L’olio in Toscana

La regione italiana che meglio si qualifica nella produzione olearia è la Toscana, al vertice della produzione italiana con il 50% dei vivai nazionali e una proposta di qualità medio- alta e talora altissima.

L’olio extravergine di oliva è protagonista della cucina toscana fin dall’antichità. Basta pensare ai piatti tipici toscani come la ribollita, il coniglio con le olive (dove all’olio si unisce l’altro grande protagonista della tavola toscana, il Chianti) e la conservazione sott’olio, squisitamente toscana, di formaggi pecorini e salsicce, comprese quelle di cinghiale.

L’olio toscano non è un prodotto unico: ogni zona della Toscana ha il suo olio. Tuttavia, esiste un prodotto, l’olio extravergine d’oliva toscano IGP, che identifica geograficamente l’olio prodotto in regione.

Ha un’acidità massima dello 0,6%, colore dal verde al giallo oro odore fruttato con aroma di mandorla e frutta matura. Il sapore è fruttato. Dal 1997 è tutelato dal Consorzio dell’Olio Toscano.

L’olio nell’antichità

Olivofico e vite rappresentano fin dall’antichità una fonte di ricchezza insostituibile per le terre bagnate dal Mediterraneo. L’olivo affonda le sue radici nelle campagne della Galilea di 6000 anni fa, come testimoniano testi religiosi e ritrovamenti archeologici.

Gli antichi sapevano ottenere l’olio di prima qualità: le olive venivano stipate in una cesta da cui l’olio scendeva goccia a goccia o messe in una cupola rocciosa da cui l’olio stillava da un foro sul fondo.

Il Nuovo Testamento, del resto, è ricco di riferimenti all’olivo: per gli Ebrei era simbolo di santità (ricordate la colomba con il rametto di olivo che torna all’arca di Noè?).

Nella Bibbia, insieme al fico e alla vite, l’olivo compare spesso come albero tipico della Palestina e fonte di ricchezza per la popolazione.

L’olio veniva e viene usato ancora oggi nel vicino Oriente in cucina e nelle preparazioni di bellezza, serviva ad alimentare le lampade dei santuari e preparare le offerte, veniva usato per le unzioni dei sovrani e in medicina.

Solo i più ricchi e potenti, invece, potevano portarlo in tavola.

La diffusione dell’olivo

Dalla Siria, l’olivo approdò alle isole egee e all’Anatolia, poi in Grecia e da qui a tutte le coste mediterranee.

Creta, veniva coltivato fin dal 2500 a.C: parte della ricchezza del re di Creta era attribuibile proprio all’esportazione dell’olio. Verso il 580 a.C. l’olivo approdò a Roma insieme alla vite.

Tutti i popoli mediterranei conoscevano l’olivo, ma le tecniche di produzione dell’olio differivano da una zona all’altra. I romani raccoglievano le olive e le schiacciavano nella “mola olearia”.

Nelle isole egee, invece, esse venivano pressate “a trave” (una macchina del 1800- 1500 a.C. è stata ritrovata a Creta): si effettuavano 3 spremiture successive, da cui si otteneva un olio di qualità sempre inferiore. Il primo era il migliore e veniva impiegato in cucina, gli altri due usati per preparare prodotti cosmetici.

Qualche curiosità

L’olivo era considerato sacro da molte popolazioni, un po’ per l’apporto calorico, un po’ perché longevo e resistente. Nell’antica Grecia era sacro alla dea Atena.

Trovava impiego in cucina, nella cosmesi, nei massaggi; gli atleti lo usavano per scaldare i muscoli e contrastare la presa degli avversari e se vincevano le Olimpiadi ricevevano una corona di foglie di olivo.

L’olivo è nominato anche nell’Iliade, nell’Eneide e nell’Odissea, dove Ulisse ricorda il talamo nuziale ricavato nel tronco di un ulivo. Anche i poemi indiani e persiani menzionano l’olio.

Gli unici a non conoscerlo erano i Cinesi, che si limitarono ad importare la pianta in epoca moderna.

L’olio dei Romani

Romani erano grandi estimatori dell’olio, che impiegavano per molti usi. L’olivo veniva coltivato in Sabina, nel Sannio, nel Piceno, nel Veneto, lungo il Lago di Garda e in Liguria, dove si dice che la pianta arrivò già nel V secolo a.C: gli Etruschi, già nel VI a.C., avevano trasformato l’Italia centrale in un’enorme campo coltivato a grano, viti e olivi, lasciando ai romani una ricca eredità agricola.

I romani usavano l’olio per cuocere i cibi e condire le zuppe, ma non tutti potevano permetterselo: contadini e artigiani si accontentavano di semi di ravizzone e olio di colza, grasso di bue e lardo di maiale.

Gaio Plinio Secondo nella “Naturalis historia” parla a lungo delle virtù terapeutiche dell’olio e delle foglie di olivo.

Dopo i romani, sono stati i monaci benedettini e cistercensi, ordini religiosi dediti al lavoro agricolo, a portare avanti la cultura dell’olivo e l’attività dei frantoi in Italia.

Un alimento prezioso

L’olio di oliva ha un grande valore alimentare, in primo luogo perché è l’unico olio ad essere prodotto mediante pressione del frutto senza manipolazioni fisiche o chimiche. Poi, a differenza degli oli di semi, è monoinsaturo, quindi stabile alle alte temperature.

Gli oli di semi contengono acidi grassi insaturi che alle alte temperature assumono ossigeno recando danno all’organismo.

Tra le proprietà alimentari dell’olio di oliva, la più importante è la protezione delle arterie dal rischio di occlusione, grazie all’azione dell’acido oleico contenuto sul metabolismo del colesterolo: esso è in grado di ridurre la concentrazione di colesterolo LDL nel sangue e conservare la quota di HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”.

Riduce, inoltre, l’acidità gastrica e ostacola la formazione dei calcoli biliari.

Il più nobile è l’olio extravergine d’oliva, ricco di sostanze nutritive: clorofilla, carotene (che protegge l’olio da ossidazione e irrancidimento), lecitina (antiossidante naturale, stimola il metabolismo dei grassi, degli zuccheri e delle proteine), polifenoli di vitamine A e D.

Le qualità dell’olio

La legislazione italiana classifica gli oli suddividendoli nelle seguenti categorie:

  • Olio extravergine di oliva: Olio di oliva vergine la cui acidità non deve superare 1 g per 100 g di olio.
  • Olio di oliva vergine: ottenuto mediante processo meccanico o altri procedimenti fisici in condizioni termiche che non alterino l’olio e non abbiano subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione.
  • Olio d’oliva vergine corrente: massimo consentito di acido oleico del 3,3%;
  • Olio di oliva vergine lampante: può contenere al massimo il 3,3% di acido oleico e ha gusto imperfetto;
  • Oli di oliva raffinati: ottenuti dalla raffinazione di oli vergini, con un massimo dello 0,5% di acido oleico;
  • Olio di oliva: proviene da miscele di oli vergini con olio d’oliva raffinato.

La differenza tra i vari oli dipende per lo più dall’acidità e dalle caratteristiche organolettiche.

Dal punto nutrizionale, tutti gli oli sono uguali e hanno lo stesso valore calorico (900 kcal per 100 g), ma l’extravergine è migliore al gusto.